Autore: Anna Manzon

Rod na granici. Gender stereotypes on activsm at bordersRod na granici.

In the summer of 2023, Italy faced a migration emergency as a large number of people in transit arrived on its shores. Some of these people crossed the country toward north with the aim of reaching France. At one of the border crossings where migrants have to “illegally” cross the border, there is a receiving center, a safe house, managed and supported by various civil society organizations providing humanitarian assistance to those in transit. In Oulx, in northwestern Italy, the daily influx has far exceeded the capacity of the receiving center. According to On Borders data, in that small village, with just over 3,000 inhabitants, there were over a thousand transiting migrants in the month of July. The overcrowding, the emergencial situation, and the semi-legal nature of border solidarity have attracted the attention of various media outlets eager to report and interpret these events. The solidarity component, both institutional and informal, is predominantly composed of women.

This text (here the original bosnian version) arises from the need to find responses and defenses before a video that appeared on the internet a few months ago, published by the YouTube channel ‘The Jolly Heretic’ titled ‘Why do some women treat migrants like children?’. In this video, the speaker aims to provide and prove an evolutionary explanation for the “infantilizing attitude” of women towards people on the move.

Giulia Cecchettin’s Femicide Sparks Outcry in Italy – and Calls for Change

The massive reaction to the latest killing of a young woman by her ex-boyfriend has raised hope of a turning point in the discourse in Italy on male violence.

Bellezza

Ci sono molti luoghi della Bosnia che in primavera sono verdi, rigogliosi, di smeraldo uniforme e abbagliante.

Sembra un sacrificio alla bellezza distogliere lo sguardo, a volte ancora assonnati, da quel video in muto che regala la strada.

In queste terre di cui spesso si conosce solo il tragico passato, l’attenzione si posa sul coltivare un sentimento, una protezione, un’attitudine per poter sostenere e imparare ciò che è stato. Ma la natura, se la si guarda e la si ascolta, ha il potere di spostare quel focus, e metterci difronte a qualcosa che in tutti quei pensieri non è previsto: la bellezza. 

Persi in questi sfondi quasi lisergici, a libro di storia chiuso, succede di pensare a quanto le narrazioni che portano qui abbiano uno strano modo di soffocare la bellezza di certi luoghi. Restare fedeli solo ad esse è come apporre una postilla “bello ma…non siamo qui per questo”.

Uno sguardo che tende al complesso ed al contemporaneo ha urgentemente bisogno di restituire momenti di genuina bellezza alle cose. Per osservare meglio e stigmatizzare meno.

Specchi della frontiera

Alla stazione di Briançon, secondo uno dei volontari, hanno dormito stanotte circa 230 persone, forse di più, probabilmente aumenteranno nei prossimi giorni.

Ieri sera « Les Terrasses Solidaires», nuovo rifugio inaugurato questo fine settimana a Briançon, ha chiuso le sue porte. Lo spazio poteva ospitare 81 persone ma ve ne erano presenti più di 200, la situazione è preoccupante.
Domenica i volontari hanno optato per un’ azione dimostrativa, di impatto, ma allo stesso tempo di difficile lettura.

Valle Frontiera

Nella notte tra il 12 ed il 13 aprile le truppe antisommossa, composte da circa mille unità e diversi mezzi da cantiere, hanno circondato il presidio No Tav che si trova nei territori dell’ex autoporto di San Didero ormai in disuso da quarant’anni.

Il presidio è nato occupando i terreni destinati al nuovo autoporto, opera accessoria per il funzionamento della tratta di TAV Torino-Lione.

Nella polvere del confine. Impressioni a 3 distantissimi km dall’Europa

Premessa

Alla fine di febbraio sono stata coinvolta nuovamente in un viaggio proposto dall’ ADL per monitorare i movimenti migratori sulla Rotta Balcanica e proseguire il report ‘‘No man’s land’’. Siamo partiti in cinque da Torino. Maria Perino, Piero Gorza, William Bonapace, Enrico Carpegna ed io. Sono la più giovane e la più inesperta nella ricerca. Siamo un gruppo eterogeneo per competenze ed approcci: tre professori, di cui due antropologi ed una sociologa, un fotografo ed una studentessa. Ognuno di noi, attraverso esperienze diverse, ha sviluppato negli anni un legame informato con la Bosnia che ha portato ad avere competenze profonde, sguardi accorti e prospettive attente riguardo a quella terra. Per questo ritengo che il nostro approccio cerchi di differenziarsi da quello che, nell’esotismo di frontiere lontane da casa, va cercando solo il dramma di una realtà più complessa di ciò che appare.

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