Sul naufragio avvenuto il 14 giugno al largo delle coste greche
Categoria: CONNESSIONI Page 2 of 3
Il lavoro di giornalismo investigativo e di analisi critica svolto da StateWach fornisce preziosi elementi di conoscenza.
Qui si può leggere il rapporto che analizza le nuove regole che disciplinano Europol, entrate in vigore alla fine di giugno. Esse ampliano enormemente i compiti e i poteri dell’agenzia di polizia dell’UE, riducendo al contempo il controllo esterno delle sue operazioni di trattamento dei dati e la protezione dei diritti delle persone.
Nell’ “Osservatorio Frontex”si trovano inoltre molti documenti sul controverso piano di Frontex di espandere l’uso dei dati personali per combattere il terrorismo e la “criminalità transfrontaliera”.
Qui la presentazione di Frontex sul quadro di cooperazione nei Balcani occidentali.
Un articolo che racconta di un incremento degli ads su tiktok di offerte rivolte a migranti albanesi per attraversare illegalmente il Canale della Manica alla volta dell’ Inghilterra.
Quelli riportati da Balkan Insight sono dati interessanti che ci portano a riconsiderare la caratteristica dello smuggling come fenomeno « sommerso » e spesso reputato invisibile, come se si dispiegasse solo attraverso canali paralleli, e invece…
INTERVISTA A SABINA TALOVIĆ
di Rita Moschella e Vesna Šćepanović
PLJEVLJA, dicembre 2021
Nell’estate 2021 abbiamo incontrato Sabina Talovic, un’attivista “di strada” – come si definisce – che collabora da trent’anni con le Donne in Nero jugoslave. Vive a Pljevlja, una piccola città “con forti influenze fasciste” del nord del Montenegro al confine con la Bosnia Erzegovina.
Minacciata, insultata, aggredita, ha continuato dai tempi della guerra nell’impegno femminista e pacifista e la sua piccola e indipendente associazione Bona Fide dal 2017 ha accolto e aiutato 10.500 persone in cammino, nella casa rifugio nata per proteggere le donne dalla violenza maschile.
Nell’intervista Sabina racconta come si è avvicinata all’attivismo politico, le violenze subite e la tenacia della lotta contro la guerra, contro la violenza di genere e contro le politiche migratorie europee.
Un webinar del Courrier des Balkans con
Hélène Bienvenu in Polonia
Corentin Léotard in Ungheria
Florentin Cassonnet e Laurent Geslin in Moldavia
Marion Roussey in Bosnia Erzegovina
Jean-Arnault Dérens in Serbia
Alexandre Levy in Bulgaria
Quali fattori spiegano quella che l’ UNHCR ha definito “la crisi di rifugiati in più rapida crescita dalla seconda guerra mondiale”?
Un articolo di Ferruccio Pastore (Direttore FIERI)
Report di: Sladjan Ilić, Maria Perino, Simona Sordo
Uno sguardo sui movimenti migratori e di spopolamento nella Bosnia contemporanea, a partire da una ricerca locale.
TANTA GENTE A BIHAĆ ?
La città si adagia sul fiume Una, che quest’estate patisce, come tutti i fiumi della Bosnia, una grave siccità, e comprende al suo interno tante aree verdi che sono ristoro al caldo torrido e luogo di chiacchiera e di passeggiata. Nel parco in centro si incontrano infatti, specialmente alla sera, giovani coppie con figli piccoli, famiglie, anziani a passeggio, turisti provenienti dai paesi arabi, “internazionali”. Le donne sono velate, o completamente velate, o senza velo. La varietà e quantità delle persone che popolano le vie del centro e affollano i numerosissimi locali dipendono anche dal periodo. In agosto infatti la “diaspora” bosniaca rientra nel paese e il “turismo umanitario” insieme con le “vacanze solidali” sono ripresi dopo i mesi della pandemia. Tra le tante persone ci sono anche i single men in cammino o in cerchio sui prati. A Bihać infatti circolano giovani migranti che non accettano la segregazione nel campo di Lipa a gestione governativa – in costruzione a 20 km circa dalla città, su un altipiano completamente isolato – e che vivono negli edifici abbandonati e periodicamente sgombrati, nelle jungle nei boschi e nei prati limitrofi alla città, in condizioni degradanti.
18th Annual IMISCOE conference, Luxembourg (online), July 7-9 2021
Michael Eve, Università del Piemonte Orientale, michael.eve@uniupo.it
Maria Perino, Università del Piemonte Orientale, maria.perino@uniupo.it
Abstract
Changing the narrative on migration’ involves reflection on the way migration scholars and international institutions may contribute to the framework of a debate in which anti-immigration forces insert themselves.
An aspect of the framework where ‘populist’ opposition to immigration flourishes is the opposition between those who ‘welcome’ migrants for humanitarian reasons or for love of ‘cultural richness’, and those who wish to restrict migration for the ‘national interest’. This framework presupposes that mass migration to the West exists essentially because of conditions in emigration countries, from wars to economic hardship. This assumption is bolstered by media presentations and by restrictive policies pursued in recent decades which have not succeeded in reducing the total volume of migration to Western nations, but have profound effects on public perception of migration as something coming from ‘outside’.
We argue that a shift in academic discourses in recent decades has not helped to counter this perception of migration as driven by conditions ‘outside’.
In 1979 Piore stressed the centrality of demand for labour as the driver of migration, and the need to understand the choices of local workers. But at the end of the century Arango, in an authoritative volume (Massey et al. 1998) stressed push factors. There has been a sharp shift in policies, very different from the era of the Gastarbeiter programmes, but not in demand for labour: migrants have continued to find jobs in sectors from agriculture to construction, tourism, cleaning and care services. Migration Studies should not just study migrants.
La Dom penzionera di Bihać era una casa di riposo pianificata nella Jugoslavia degli anni ’70 e mai terminata.
“La posizione dell’edificio, scelta con cura nel centro della città e sulla riva del fiume Una, noto per la sua eccezionale bellezza, le correnti color smeraldo e la capacità di “calmare i nervi”, era stata considerata particolarmente appropriata per la vecchiaia dei lavoratori socialisti. […] D’altra parte, la vicinanza al centro della città dove si svolgeva la vita urbana garantiva che gli anziani lavoratori socialisti non sarebbero stati isolati e soli, ma che potevano ancora partecipare alla vita della città, incluso uscire per un caffè, fermarsi per chiacchiere e scambiare notizie con altri cittadini”.