Categoria: CONNESSIONI

Una “crisi migratoria”?

Il tema della pressione migratoria irregolare non è un assunto supportato dai dati ufficiali.

  • Nel 2019 ci sono stati 293 milioni ingressi – di cui il 62% con aereo – in Unione Europea, ingressi, non persone.
  • Le persone, di paesi extra Ue, che non hanno potuto entrare nel 2018 in Europa secondo Frontex sono state 212.000. I principali motivi sono: non provate ragioni di ingresso, visto non valido. Il dato Eurostat è invece di 413.000. Questa grossa discrepanza è data da diverse metodologie di conteggio, ad esempio Frontex non conteggia gli ingressi da Ceuta e Melilla.
  • Benché non sia possibile sapere con sicurezza quante persone tentano di entrare irregolarmente in Europa, le statistiche fornite da Frontex stimano, secondo quanto riportato dalle autorità nazionali, che tentativi di ingressi irregolari, ingressi, non persone, nel 2019 sono stati 142.000, lo 0,05% di tutti gli ingressi.

Techno Borderscapes

Il ruolo degli strumenti digitali nella vita quotidiana dei migranti in transito è una prospettiva di analisi che si sta affermando. Tuttavia la letteratura su migrazioni e tecnologie tende a isolare le esperienze dei migranti da quelle di altri attori sociali (istituzioni, polizie, attivisti, volontari). Tende inoltre a sottovalutare le diverse strategie usate per connettere l’uso delle tecnologie. Da una parte si assiste a un incremento delle azioni sicuritarie ai confini. Dall’altra i migranti usano le mobile Technologies, cioè la comunicazione cellulare, per bypassare i confini, per creare nuove forme di reciproca protezione e assistenza, e in certi casi per articolare politicamente la propria voce.   

Il lavoro di Godin e Donà, focalizzato sui migranti in transito ai confini tra Francia e Regno Unito, utilizza la categoria di borderscape che descrive la complessità degli spazi di transito. Il concetto deriva da Appadurai: ethnoscapes, mediascapes, technoscapes, financescapes e ideoscapes. Il suffisso scape “ci permette di pensare i confini in termini di fluidità”. Come uno spazio mobile e relazionale, attraversato non solo da corpi ma anche da discorsi e relazioni transnazionali, in continua trasformazione.

“In tal senso, i dispositivi mobili non sono solo strumenti salvavita, come vengono spesso raffigurati nella letteratura sui viaggi dei migranti. Ma anche dispositivi multifunzionali che organizzano vari aspetti della vita dei migranti e plasmano le dimensioni pratiche, affettive, economiche, sociali e politiche dei loro viaggi e delle loro vite transnazionali”

Marie Godin & Giorgia Donà (2020): Rethinking transit zones: migrant trajectories and transnational networks in Techno-Borderscapes, Journal of Ethnic and Migration Studies, DOI: 10.1080/1369183X.2020.1804193

Laboratorio di Sociologia visuale – Università di Genova

Il Laboratorio di Sociologia Visuale dell’Università degli Studi di Genova è
nato nel 2007 per dare corpo ad un’idea di sociologia pubblica e all’interesse
ad utilizzare il linguaggio visivo per la divulgazione dei risultati della
ricerca sociale. Da allora il Laboratorio di Sociologia Visuale ha impiegato la
macchina fotografica e la telecamera come strumenti di indagine della realtà
sociale, producendo molti film documentari, mostre, graphic-novel ma
soprattutto ha adottato l’uso dell’immagine – fissa e in movimento – come
metodologia per la ricerca sociale, al fine di approfondirne il carattere
partecipativo.

Tende

Il campo di Lipa viene aperto a marzo 2020 per far fronte alla pandemia ma da subito è evidente l’inadeguatezza della sistemazione. Il 9 dicembre l’OIM ne annuncia la chiusura dopo i ripetuti appelli alle autorità locali per la fornitura di servizi di base, rimasti inascoltati. Chiede inoltre la riapertura del Centro Bira – uno dei sette centri “temporanei” finanziati dall’UE e gestiti da OIM in Bosnia – in Bihać, chiuso in settembre dalle autorità locali. La decisione sarà prorogata per diversi giorni, fino al 23 dicembre quando scoppia un furioso incendio.  

Un altro “game”

L’accampamento di Lipa, in un altopiano nella Bosnia Nord Occidentale a circa 40 Km da Bihać dove si trovava un migliaio di migranti, è stato distrutto da un incendio ed è al centro di un rimbalzo vergognoso di responsabilità. L’elenco sintetico degli eventi è lo snodarsi di una drammatica sequenza in cui tutte le istituzioni – europee, internazionali, statali, locali – sono perdenti. Ancora una volta ci interroga sulle politiche migratorie, sulle esternalizzazioni dei controlli e del contenimento dei migranti, sugli interventi umanitari, sull’uso da parte dell’Unione Europea dei Balcani come discarica dei migranti.

Aegean Boat Report

Aegean Boat Report è una ONG norvegese indipendente, un sito gestito da volontari, determinati a fornire informazioni dettagliate, dati e rapporti periodici sui viaggi e gli arrivi di migranti nel Mar Egeo. È una fonte di informazioni utilizzata da organizzazioni, volontari e giornalisti, alla ricerca di una migliore comprensione della “crisi dei rifugiati” in corso.

Cosa insegnano i Balcani

Pace, guerre e nuovi muri. Riflessioni e voci per comprendere il presente.

A oltre vent’anni dalla fine delle guerre nei Balcani, le cause del conflitto non sono state superate ma restano presenti nelle società impoverite, divise e lacerate dai nazionalismi contrapposti.

The New Humanitarian

Un sito che nasce dal genocidio ruandese e venticinque anni dopo guarda alle risposte alle numerose crisi che sono seguite. Un’esplorazione sugli aiuti umanitari nell’ultimo quarto di secolo e sugli orientamenti hanno assunto. In un momento in cui la pandemia COVID-19 e il movimento #BlackLivesMatter stanno sfidando il concetto stesso di umanitarismo, un invito a riflettere sul futuro della solidarietà internazionale.

https://www.thenewhumanitarian.org/in-depth/Rethinking-humanitarianism

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