Categoria: MIGRANTI E FRONTIERA NORD OVEST Page 1 of 2

Ascoltare per capire, capire per “stare con e tra” le persone in cammino. La frontiera alpina del Nordovest italiano: luglio 2022-luglio 2023

Indice
1 Quadri di una umanità in cocci alla frontiera alpina del Nord-Ovest italiano
2 Rotte fluide e cambiamenti di scenari
3 Breve intermezzo: non esistono i migranti esiste il migrare
4 Ancora abitare il cammino
5 Donne e minori: dalle diagnosi alle operatività
6 Militarizzazione del confine e dispositivi securitari
7 Vulnerabilità medico-sanitarie e problematiche legali
8 Temporalità, biografie e presenza
9 Ascoltare per capire, capire per operare

Un altro ragazzo muore in frontiera. E’ un miracolo che il lutto non si affacci ogni giorno.

Dal 2015 al 2023, 96 persone migranti hanno perso la vita sulle Alpi, di cui 50 alle frontiere italo-francesi (Hautes Alpes e Liguri) e, dal 2018, 10 sulle nostre montagne al confine dell’Alta Valle di Susa. Di nuovo, lunedì 7 agosto 2023 un altro ragazzo della Guinea di una ventina di anni è stato trovato morto a seguito del tentativo di attraversare la frontiera tra Claviere e Briançon, ormai poco lontano dall’arrivo.

Chiamata alla montagna in difesa dei diritti

Appello Colle del Lys 2 luglio 2023

Si torna a morire alla frontiera alpina nord occidentale.

Nove migranti, tutti magrebini e subsahariani, il 31 maggio sono stati soccorsi in alta quota al confine tra l’Italia e la Francia, e uno di questi ha dichiarato di essere caduto inciampando e di essersi trovato vicino a un cadavere di cui ha saputo descrivere l’abbigliamento.

Sono passati sei giorni e non vi è notizia ufficiale del ritrovamento del cadavere. Un silenzio inquietante che ricorda altri silenzi che condannano all’invisibilità le persone in cammino, non solo in vita ma anche dopo la morte.

Non è la montagna che uccide ma il sistema di frontiera; i morti nel Mediterraneo, a Cutro, a Ventimiglia e sulle Alpi sono il risultato di una stessa pianificata politica dell’orrore.

Non siamo di fronte ad un fatto tragico ed eccezionale, ma ad una concreta eventualità che si ripropone ogni giorno ad ogni ‘game’.

Solo l’intervento plurale e quotidiano di solidali lungo le rotte, in mare, in montagna, ai confini permette di limitare le vittime.

Nel 2023 è repentinamente cambiata la composizione dei flussi, composti non più in prevalenza da persone provenienti dalla rotta balcanica ma dal Mediterraneo centrale e da aree subsahariane. I  numeri dei passaggi sono in crescita, così come le vulnerabilità.

Vediamo passare donne, famiglie, bambini, persone che hanno attraversato il deserto, subito tortura, violenza sessuale in Libia e in Tunisia. Si tratta molto spesso di persone che non conoscono la montagna: sono gruppi dalle eterogenee provenienze e differenti radici storico-culturali. Ad accomunarli è il desiderio di partire, lasciare il più presto possibile l’inferno dietro di sé o cercare altro per la propria famiglia e per sé.

Al contempo la militarizzazione è ostentata lungo tutto l’arco alpino transfrontaliero. I respingimenti sono aumentati in modo significativo, sigillando la frontiera ai più deboli e vulnerati. Anche i nuovi decreti si inscrivono in questo quadro di clandestinità forzata, precarizzazione delle esistenze e di costante messa a rischio della vita. Per le persone in cammino rivolgersi a smugglers o scommettere sui cammini più pericolosi, senza neanche quell’esperienza che si maturava lungo la rotta balcanica, diviene una scelta forzata. “Terribile è che le cose siano come sono” e spesso constatiamo che nonostante gli sforzi non ce la facciamo a resistere a una disumanità sistemica.

Solo l’osservazione di quanto accade, l’analisi degli eventi e il mutuo aiuto tra presidi solidali a livello nazionale può contrastare questa necropolitica, demagogica quanto tragica.

La frontiera alpina del nord ovest

Ritornare al soggetto vuol dire cambiare prospettiva e, per essere più chiari, vuol dire capovolgerla e prendere in considerazione le persone, le loro vite, i loro desideri e le loro sofferenze, ovvero quel modo in cui ci si costruisce come persone. Una geografia delle emozioni e delle relazioni, risultato di un dialogo tra soggetti, è pertanto una scrittura su come un popolo in viaggio abita il cammino attraversando molteplici terre, e su come cammino e geografie antropiche rimodellino le persone. Per poter seguire queste indicazioni di rotta epistemologica abbiamo concentrato l’attenzione sull’ascolto, il dialogo e la raccolta di memorie.

Oulx. Crocevia di rotte e cammini

UNO SGUARDO SULLA FRONTIERA ALPINA DEL NORDOVEST

a cura di: Piero Gorza, Rita Moschella

Il testo è una radiografia documentata della frontiera alpina del Nord Ovest Italiano, risultato di un impegno costante pluri-annuale a Oulx tra e insieme alle persone in cammino.
Ripropone letture che pongono l’accento su alcuni elementi:

  • la necessità prospettica di una lettura longitudinale e comparata delle frontiere
  • l’attenzione verso il soggetto in cammino
  • la funzione antropopoietica del viaggio.

Abitare il cammino: Un’analisi longitudinale delle configurazioni familiari tra le persone in transito lungo il confine italo-francese

Testo di: Piero Gorza, Nicola Montagna, Rita Moschella, Maria Perino

In questo working paper intendiamo soffermarci sulle relazioni intergenerazionali e di genere plasmate dal viaggio e dalle pratiche di bordering, su come si producono e si trasformano le varie configurazioni sociali, secondo una prospettiva longitudinale che ha seguito il cammino delle persone migranti.

I confini e le pratiche di bordering hanno un impatto antropopoietico nell’incontro e nelle temporalità dei percorsi, che sono tutt’altro che lineari e possono variare, mediamente, dai due ai sei anni. Durante questo periodo di mobilità forzata e sradicamento protratto (protracted displacement), fatto di improvvise accelerazioni e lunghe soste, le persone migranti camminano, fanno figli, crescono, si trasformano.

Vogliamo evidenziare come in questi processi trasformativi che accompagnano il cammino anche le configurazioni delle reti parentali e quelle amicali subiscano profondi cambiamenti e vengano costruite domesticità originali, sia come strategie per sfuggire ai controlli dei confini e quindi proseguire il viaggio, sia come sostegno reciproco.

Rapporto dalla frontiera alpina nord occidentale

Report redatto dal team di Medici per i Diritti Umani (MEDU): Piero Gorza, Rita Moschella e Beatrice Pasquale

Il 2021 è stato in Alta Val di Susa, al confine alpino con la Francia, un anno caotico, complesso, sempre giocato sul filo dell’emergenza. I flussi migratori sono testimoni di una pressione crescente sulla frontiera: 15.000 passaggi in accoglienza presso il rifugio “Fraternità Massi”, 10.000 persone che hanno tentato di varcare il confine, tra cui 400 famiglie e 800 minori, la metà non accompagnati. Dopo un temporaneo rallentamento nel 2020, il trend è tornato in costante crescita e nell’ottobre 2021 ha toccato il proprio apice con 1600 presenze in un solo mese, la stragrande maggioranza provenienti dalla rotta balcanica. Non solo afghani, iraniani, curdi delle diverse entità, ma anche magrebini e sub sahariani. Per tutti, l’arrivo sulle Alpi è stato preceduto da un viaggio di anni fatto di campi istituzionali e informali, soste obbligate, tentativi plurimi di varcare i confini. Questo procedere per salti, alternando pause forzate a trasferimenti sempre incerti e rischiosi, è fonte di ansie, di vessazioni, inumanità patite in ogni dove e di un dilatarsi dell’investimento economico. Le violazioni dei diritti umani fondamentali costituiscono una costante di questa Odissea, sono cicatrici scritte sui corpi e nella mente.

Un anno sul versante nord-occidentale: la frontiera. Non solo numeri: persone

Il tempo del viaggio e la sua geografia sono elementi che non possono essere analizzati indipendentemente dall’esperienza di chi cammina. E il viaggio spesso non è un né un qui e ora, né un prima e un dopo, né un contesto o un altro. Così come l’esperienza che si vive non è racchiusa al suo interno, ma è un “farsi” che modella orizzonti, corpi, pensieri, gesti, passati, presenti, futuri. Nel “farsi” cambiano i ruoli, le tradizioni da cui si giunge e quelle che si apprendono in cammino sono terreni di confronto, l’immaginario e l’immaginazione modellano scenari in mutamento.

La frontiera Nord Ovest della Valle di Susa (gennaio–maggio 2021)

Partendo dai dati sui flusso dei transiti e delle permanenze da gennaio a aprile 2021 in Valle di Susa, il report descrive come questo territorio sia divenuto un “non luogo”, una tappa della rotta balcanica. A differenza delle migrazioni storiche delle ultime decadi del secolo precedente (riguardanti magrebini, albanesi e rumeni) sono coinvolte persone che non pensano di inserirsi nei contesti lavorativi locali, ma che hanno solo l’urgenza di valicare il confine nel minor tempo possibile, anche mettendo in conto rischi e costi umani molto alti.

Indice del report:

  1. Lo stato delle cose
  2. La Valle di Susa, tappa della rotta della Balcanica
  3. Abitare il cammino
  4. Politiche securitarie e di controllo della frontiera
  5. L’inverno dimenticato
  6. Reti solidali e la grande cecità
  7. Accoglienza e criticità del transito in montagna
  8. Patologie e assistenza medica

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