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Sguardi trasversali e furtivi ai margini dell’industria delle migrazioni

Campo rom di Podgorica, la Autobuska stanica di Sarajevo e altro

Per mentire bene, bisogna sempre dire un po’ di verità. A volte le informazioni più interessanti ci arrivano in modo indiretto e per canali differenti da quelli tradizionalmente utilizzati. Carlo Ginzburg ci ha insegnato che il tribunale dell’inquisizione può raccontarci ed aiutarci a capire ciò che vorrebbe estirpare e cancellare dalla memoria. Il problema è ricorrere a una sana critica delle fonti e far tesoro di quel metodo indiziario che permette di incunearsi negli equivoci meandri della dissimulazione, ricomponendo tasselli discordanti che devono ritrovare il loro possibile disegno (Ginzburg 1986: 158-209). Gli antropologi hanno esperienza di come spesso il silenzio, l’omissione, l’occultamento di una parte o la cosmesi di ciò che non si vuole raccontare con dettagli e responsabilità mettano in evidenza più delle risposte apparentemente esaustive. Il vero, il falso, il finto sono sempre voci da soppesare e da leggere con estrema attenzione. Oltre tutto, in questo panorama di gente in viaggio, di attori multipli, internazionali, nazionali e locali la costruzione dell’altro è una pratica sistematica che produce opportunismi inanellati difficili da districare e, soprattutto, interiorizzati e costantemente rigiocati. Siamo di fronte a un caleidoscopio di finzioni: il poverino da aiutare che permette al pio o giusto di sentirsi buono o perlomeno meno responsabile; il viaggiatore ridotto a minore di un qualche servizio assistenziale; la persona disciolta nell’immagine del migrante; lo straniero untore necessario, come capro, a un disagio sociale o alla campagna elettorale di qualche imbonitore; il presunto invasore che fugge da terra militarmente da noi invasa. Lo scenario è pertanto abbastanza teatrale, potrebbe essere una commedia dell’assurdo.

La “crisi migratoria” nel Mediterraneo

Uno sguardo storico politico

di William Bonapace

Nel corso del 2020, nonostante la pandemia, il flusso di arrivi e attraversamenti dei Balcani non si è realmente interrotto. In Europa, secondo i dati ufficiali dell’IOM, sia per mare che per terra, il numero totale degli arrivi è stato di 99.475 migranti (128.536 nel 2019), confermando una flessione già registrata nel corso degli anni precedenti quando, a seguito delle severe restrizioni attuate dall’UE e dalle politiche di esternalizzazione delle frontiere in Medio oriente e in Africa, erano 147.683 nel 2018, e 188.372 nel 2017 e ben 390.000 nel 2016. I morti, sempre nell’ultimo anno, sono stati 1.419, 466 in meno rispetto al 2019.

Tutti dati che a prima vista danno l’impressione di un quadro complessivamente in miglioramento, come rivendicato dalla Commissione Europea che considera questi numeri un risultato positivo ottenuto dal suo impegno nell’azione al contrasto all’immigrazione clandestina. Nei fatti però queste stesse cifre nascondono una realtà ben diversa e a tratti drammatica, come intendiamo argomentare in questo scritto.

Frontiera Nord Ovest delle Alpi: Alta valle di Susa

Piero Gorza (antropologo) e Rita Moschella (giurista e antropologa)
Gruppo di lavoro On Borders, Frontiera Nord-Ovest

La frontiera Nord-Ovest alpina e altre terre. È un aggiornamento di un percorso introduttivo e metodologico che è parte di un laboratorio in cui le idee si discutono cercando il più possibile orizzontalità. È il prodotto di un lavoro di campo che si inserisce in un cammino di studi molto più articolato e lungo e, sempre, giocato sugli scarti delle diverse letture. Si tratta di un testo discusso e corretto coralmente, ma anche poi scritto in modo separato. È la seconda parte di una sezione introduttiva e problematica di un cantiere di ricerca che si articola in differenti tempi: 1) la proposta
metodologica
; 2) una panoramica storico-antropologica sulla frontiera Nord-Ovest (peraltro anche utilizzata come report di denuncia per Medici per i diritti umani: Rapporto sulla rotta Nord-Ovest delle Alpi: Alta Valle di Susa ottobre-dicembre 2020) 3) Etnografie di memorie in cammino (in corso la raccolta e l’analisi delle interviste).
Se nello specifico questo scritto rimanda a un micro progetto in Alta Valle di Susa, vuol anche essere momento di riflessione più generale per un cantiere di ricerche comparate sulle frontiere, proponendosi come angolo prospettico, tra gli altri, per una discussione su metodologie della ricerca, di cui vi è segno e documentazione collettiva nelle pagine web di “On Borders”.

Postille per un “cantiere” di metodologia della ricerca.

Migranti e frontiera Nord-Ovest: Alta Valle di Susa

Gruppo di ricerca: Rita Moschella, Anna Manzon, Piero Gorza

La frontiera Nord-Ovest alpina e altre terre. È un percorso introduttivo e metodologico che è parte di un laboratorio in cui le idee si discutono cercando il più possibile orizzontalità. È il prodotto di un lavoro di campo che si inserisce in un cammino di studi molto più articolato e lungo e, sempre, giocato sugli scarti delle diverse letture. Si tratta di un testo discusso e corretto coralmente, ma anche poi scritto in modo separato. È sezione introduttiva e problematica di un cantiere di ricerca che si articola in differenti tempi: 1) la presente proposta metodologica; 2) una panoramica storico-antropologica sulla frontiera Nord-Ovest (peraltro anche utilizzata come report di denuncia per Medici per i diritti umani: Piero Gorza, Migranti e frontiera Nord-Ovest: Alta Valle di Susa, 3) Etnografie di memorie in cammino (in corso la raccolta delle interviste).

Se nello specifico questo scritto rimanda a un micro progetto in Alta Valle di Susa, vuol anche essere momento di riflessione più generale per un cantiere di ricerche comparate sulle frontiere, proponendosi come angolo prospettico, tra gli altri, per una discussione su metodologie della ricerca, di cui vi è segno e documentazione collettiva nelle pagine web di “On Borders”.

MiDiLAB – Laboratorio Migrazioni e Disuguaglianze

Nell’ambito del PROGETTO MIGR.AL finanziato dal Fondo Europeo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI) approvato nel maggio 2017 il Dipartimento di giurisprudenza, scienze politiche, economiche e sociali (DiGSPES) dell’Università del Piemonte Orientale ha contribuito con l’analisi delle attività svolte nell’implementazione delle disposizioni ministeriali e prefettizie previste per i CAS della provincia di Alessandria. Il lavoro ha risposto pertanto a livello istituzionale innanzitutto al bisogno di avere un quadro delle criticità rispetto ai destinatari, ai lavoratori e alla rete territoriale dei servizi. Si è voluto rispondere all’esigenza di conoscere con un certo dettaglio le difficoltà nella gestione dei CAS in considerazione, anche, dei mutamenti normativi che hanno profondamente modificato il sistema di accoglienza.
Qui il rapporto di ricerca.

Storie di vita bosniaca

Testo di Maria Perino, Piero Gorza

Storie di vita bosniaca nasce come attività di scambio internazionale e di dialogo tra studenti e si trasforma in una ricerca etnostorica su fonti orali raccolte in Italia e in Bosnia. Da diversi angoli prospettici, le testimo-
nianze di adolescenti, di donne e uomini raccontano la tragedia di un Paese dilaniato dalla guerra, sottolineando come quest’ultima sia prima di tutto sopraffazione e sofferenza. Attraverso percorsi biografici e brevi
schede informative, consultabili in parallelo, la guerra di Bosnia assume
la fisionomia di un conflitto contro la popolazione civile, organizzato in
modo sistematico e meticoloso, sfruttando le bandiere del nazionalismo
etnico e religioso.

Testimonianza di Anastaziya sulla rotta balcanica

L’intervista, rilasciata a Piero Gorza, riguarda una famiglia curdo-iraniana arrivata a Oulx dopo anni di viaggio lungo la Rotta balcanica: Maral di 41 anni, Billy di 44, Doshan di 6, Delžin di 17 e Anastaziya di 13 anni.

Le politiche per l’inserimento lavorativo dei rifugiati sono efficaci?

Esistono pochissime informazioni sistematiche su ciò che sta accadendo ai migranti dopo che hanno lasciato i programmi di accoglienza. Riteniamo che, data l’importanza che il problema del mercato del lavoro e della situazione abitativa ha e avrà nei prossimi anni, sia fondamentale analizzare le situazioni, capire i meccanismi che le determinano e intervenire con politiche appropriate. Riteniamo che in generale l’analisi e la progettazione delle politiche si debbano concentrare su due specificità – che producono svantaggio – dei richiedenti asilo rispetto ad altri immigrati: l’essere inseriti nei centri di accoglienza e l’avere deboli reti sociali, inadatte all’inserimento lavorativo.

No Man’s Land

No man’s land è un osservatorio sulla rotta balcanica che negli ultimi anni caratterizza sempre più il viaggio verso l’Unione Europea dei profughi provenienti dalle aree di maggior pressione migratoria. I report qui consultabili mettono a fuoco, attraverso articolati percorsi di analisi, i processi strutturali e le dinamiche politiche e sociali, con una particolare attenzione alla tutela e alla protezione delle persone in mobilità, alle politiche dell’UE e all’impatto e alle ricadute che tale rotta ha sulle società e sulle popolazioni dei paesi coinvolti.


Migranti e frontiera Nord-Ovest: Alta Valle di Susa

La Valle di Susa è stata storicamente un’”area di strada” e un corridoio di passaggio sulla via francigena di cui testimonia la letteratura scientifica. Da Torino la strada risale verso Susa dove vi è la prima biforcazione verso il Moncenisio e poi verso il Monginevro. Oulx è snodo nell’Alta Valle di due cammini transfrontalieri: in direzione di Bardonecchia (Frejus e Colle della scala) e verso Claviere, Monginevro e Briançon. Dal 2017 i migranti hanno iniziato ad arrivare a Bardonecchia per passare in Francia: a piedi per il Colle della Scala e, in alternativa, in treno o a piedi attraverso la galleria ferroviaria del Frejus.

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