Il 4 febbraio 2023 si è tenuta a Tunisi la manifestazione “CommemorAction” in memoria delle vittime dei confini europei e delle politiche migratorie dell’UE. Le famiglie dei dispersi, spesso provenienti dai contesti più sfavoriti economicamente, nonostante la fatica crescente e il lungo viaggio che hanno dovuto affrontare (molte provenienti dal sud del paese e in particolare da Zarzis), si sono radunate davanti al Teatro di Avenue Bourghiba e hanno denunciato i governi europei, italiano e tunisino. Questa CommemorAzione è anche un’iniziativa politica, un’azione appunto: una denuncia della cooperazione finalizzata ad impedire alla stragrande maggioranza dei non-occidentali di raggiungere l’Europa in maniera sicura e regolare. 

Il cartello a sinistra recita “No ai confini assassini!”, a fianco delle madri manifestanti che tengono in mano le foto dei famigliari dispersi. Foto: Luca Ramello

Chiedono che sia istituita una commissione d’inchiesta per scoprire la verità sulla morte dei loro famigliari, proprio la stessa settimana in cui Kais Saied ha rilasciato una problematica dichiarazione circa la strage del 18/10 al largo di Zarzis. Mentre il presidente tunisino afferma che la tragedia sia frutto di un buco nella barca artificialmente causato da qualche criminale, le famiglie non posseggono alcuna di queste informazioni, le quali allo stesso tempo non sono nemmeno reperibili negli atti giudiziari. Un tentativo per cercare di inserire questa tragedia prevedibile in una cornice criminalizzante e individualizzante, cercando di spostare l’attenzione dalle criticità del sistema legale messo in essere dagli accordi europei con il governo tunisino, e non solo. Il portavoce di FTDES (Forum Tunisino per i Diritti Economici e Sociali) Romdhane Ben Amore ricorda invece che la comunità di Zarzis è ben consapevole di come le forze di sicurezza locali abbiano insabbiato la verità, procedendo alla sepoltura dei corpi ritrovati sulle coste dopo il naufragio del 18 ottobre 2022, senza informare le famiglie.

La barca simbolo di libertà costruita dall’associazione “Terre pour Tous”. Foto: Luca Ramello

Lo stato tunisino rifiuta in tutti i modi ogni responsabilità, anche cercando di indebolire la libertà di espressione. Dato che né il governatore di Tunisi, né le autorità di polizia hanno dato l’autorizzazione agli organizzatori della protesta di montare un gazebo per mostrare le foto che raccontano la lotta dei famigliari dei dispersi nel mediterraneo, gli organizzatori hanno utilizzato la scalinata del teatro per apporre gli striscioni e mostrare la documentazione. Una lunghissima banda che riportava i nomi delle 48.647 vittime documentate dei confini europei è stata apposta alla base del teatro. Dietro, il megafono è passato di mano in mano per amplificare la voce dei famigliari dei dispersi. La frustrazione, la rabbia e il dolore delle famiglie è stato espresso con forza: “3lech?!” (Perché?!). I manifestanti chiedono perché il governo tunisino continui a tradire i suoi stessi cittadini.

Gli striscioni dei manifestanti davanti al Teatro di Av. Bourghiba a Tunisi, quello centrale riporta i nomi delle vittime documentate delle politiche migratorie UE. Foto: Luca Ramello

Fra le associazioni partecipanti era anche presente “Semelle d’Afrique”, la quale ha rappresentato e dato voce alle esperienze dei subsahariani in Tunisia. Anch’essi sono bloccati nel paese e vedono negato il loro diritto umano a partire ad uscirne, essendo al contempo sempre più soggetti a discriminazioni razziste, in un clima sociale ed economico sempre più provato dall’inflazione e dall’immobilismo politico. Molti di loro, davanti alla negazione di tutte le possibilità di lasciare il Nordafrica, decidono di tornare in Libia, rischiando la schiavitù e uno sfruttamento ancor peggiore di quello che già vivono nell’economia informale tunisina, solo per avere maggiori possibilità di partire e raggiungere le coste europee.

Una voce unica si è sollevata: chiede giustizia, verità e riparazione per le vittime delle politiche migratorie europee. Una voce diffusa in Africa, ma che ha trovato risonanza anche in Europa in diverse iniziative organizzate sul territorio. La “Commemor-Action” è infatti un processo continuo che si lega alla “Marcha por la Dignidad” che ha luogo da 10 anni a Ceuta, nell’anniversario della strage di Tarajal. In quella occasione, più di 200 persone morirono nel tentativo di raggiungere a nuoto l’enclave spagnola. La Guardia Civile Spagnola sparò con proiettili di gomma e altri strumenti antisommossa sulle persone in acqua. Dopo le prime iniziative organizzate a Oujda, altre proteste si sono svolte grazie ad Alarm Phone Sahara anche in Niger, Mali, Togo e Cameroon. La prima Commemoraction si è svolta sempre in Marocco dal 6 all’8 febbraio 2020. Da quella data, ogni anno l’evento si ripete nei due continenti. Fra le città che hanno partecipato quest’anno: Douala (Camerun), Tripoli (Libano), Layounne-Oujda-Rabat-Tanger (Marocco), Agadez (Niger), Dakar (Senegal), Sokode (Togo), Tunis-Zarzis (Tunisia), Laayoune (Sahara Occidentale), Vienna (Austria), Brest- Briançon-Calais-Douarnenez-Lannion-Lyon-sur-mer-Marseille-Nantes-Paris-Redon-Rennes-Toulouse (Francia), Berlin-Erfurt-Frankfurt-Leipzig (Germania), Athens (Grecia), Messina-Milano-Prato (Italia), Nijmegen (Olanda), Asturias-Barcellona-Bilbao- Irún-Behobia – Ceuta (Spagna), Zurich (Svizzera).

Per maggiori informazioni: https://trans-border.net/index.php/brochure/commemoraction/

https://www.emmaus-international.org/en/news/appel-de-global-commemoraction-pour-le-06-fevrier-migrer-est-un-droit/

https://missingattheborders.org/en/index.php?p=news/2023/commemorazione-eventi