11 agosto 2021

I guai non dovrebbero scoppiare d’estate perché la gente è meno presente, ma i guai si possono far scoppiare volontariamente per la stessa ragione.  Di fatto la situazione in frontiera è prossima a un collasso programmato che si scarica soprattutto sui più vulnerabili.

Sul versante italiano il sistema di accoglienza si è in pochi mesi ridotto radicalmente. Il rifugio autogestito nella ex casa cantoniera occupata Chez Jesuoulx è stato sgomberato il 23 di marzo con procedimenti giudiziari a carico degli attivisti.

Il rifugio Fraternità Massi ha dovuto sobbarcarsi in toto l’accoglienza con costante sovraffollamento, rischi sanitari e ritmi di lavoro per gli operatori anche di 24 ore. Al progetto presentato di 500.000 euro ne sono stati assicurati solo 180.000, peraltro non arrivati. Il risultato è stato che a marzo dopo qualche giorno di apertura 24 ore per tutti, l’accoglienza diurna è stata limitata ai più vulnerabili ed infine cancellata. Gli spazi per le famiglie, affittati dai salesiani, tra l’altro a prezzo non proprio solidale, sono stati definitivamente restituiti.

Per garantire riparo, dal mese di marzo è stata allestita al luogo di transito una piccola struttura vicino alla stazione di Oulx, di circa 20mq., in cui difficilmente tutti coloro che lasciano il Fraternità Massi in attesa dell’apertura serale possono trovare riparo nel rispetto delle norme sanitarie e di condizioni dignitose.

Per converso, in questi mesi a seguito di un campeggio transfrontaliero di attivisti italiani e francesi è sorto uno spazio aperto a Clavière che ha svolto il ruolo di presidio solidale in frontiera fornendo pasti caldi e attenzione medica, anche grazie al contributo internazionalista di No Nation Truck (un collettivo tedesco che muove un furgone sulle rotte migratorie portando solidarietà materiale a chi transita). Il 31luglio il presidio solidale ha cercato di radicarsi con l’occupazione della ex dogana, sgomberata dopo 5 giorni, aprendo la strada a nuovi procedimenti giudiziari. Attualmente il No Nation Truck si è spostato a Oulx e offre ancora cibo e assistenza medica a chi passa.

Il clima di criminalizzazione della solidarietà è accompagnato da cambiamenti nelle pratiche delle forze dell’ordine nei confronti delle persone in transito. Dal 20 di luglio al 10 di agosto la polizia è intervenuta ogni due giorni alle partenze degli autobus a Oulx per identificare, trasferire alla caserma di Bardonecchia per schedatura Eurodac e per dissuadere con minacce coloro che erano in partenza. Tre volte è entrata al rifugio Fraternità Massi per portare famiglie a Bardonecchia per identificazione e consegna di fogli di espulsione o documenti che obbligano a presentarsi in questura sotto minaccia di possibile arresto. Non siamo di fronte a prassi irregolari, ma certamente a un cambiamento di atteggiamento che sembrerebbe invalidare quelle prassi concordate per cui il rifugio era un luogo neutro.

Infine anche dall’altra parte della frontiera, in Francia, l’associazione Refuge solidaire ha annunciato il ritiro dalla gestione del rifugio d’oltralpe, prima sfrattato dalle istituzioni, poi oberato da presenze ormai ingestibili, e infine stretto tra norme anti covid che impediscono mobilità, accoglienza a coloro che non possiedono giustificativi di vaccinazione, test, spesso inaccessibili.

In questo quadro di assenza programmata delle istituzioni, di repressione delle pratiche di solidarietà e di contrasto agli ingressi e ai transiti secondo la logica del Nuovo Patto su Migrazione e Asilo, i flussi crescono e cresceranno sia dai Balcani sia dalla rotta del Mediterraneo centrale.

Il compito di stare a fianco alle persone in transito e forse anche ai nostri dettami costituzionali ricade su volontari, società civile e su chi riceverà per ringraziamento denunce. Il costo di questo atteggiamento pubblico peraltro inefficace quanto crudele, pesa soprattutto sui più vulnerabili, donne, bambini, offesi, quelli che a parole dichiariamo sempre pietisticamente di difendere.