Il ruolo degli strumenti digitali nella vita quotidiana dei migranti in transito è una prospettiva di analisi che si sta affermando. Tuttavia la letteratura su migrazioni e tecnologie tende a isolare le esperienze dei migranti da quelle di altri attori sociali (istituzioni, polizie, attivisti, volontari). Tende inoltre a sottovalutare le diverse strategie usate per connettere l’uso delle tecnologie. Da una parte si assiste a un incremento delle azioni sicuritarie ai confini. Dall’altra i migranti usano le mobile Technologies, cioè la comunicazione cellulare, per bypassare i confini, per creare nuove forme di reciproca protezione e assistenza, e in certi casi per articolare politicamente la propria voce.   

Il lavoro di Godin e Donà, focalizzato sui migranti in transito ai confini tra Francia e Regno Unito, utilizza la categoria di borderscape che descrive la complessità degli spazi di transito. Il concetto deriva da Appadurai: ethnoscapes, mediascapes, technoscapes, financescapes e ideoscapes. Il suffisso scape “ci permette di pensare i confini in termini di fluidità”. Come uno spazio mobile e relazionale, attraversato non solo da corpi ma anche da discorsi e relazioni transnazionali, in continua trasformazione.

“In tal senso, i dispositivi mobili non sono solo strumenti salvavita, come vengono spesso raffigurati nella letteratura sui viaggi dei migranti. Ma anche dispositivi multifunzionali che organizzano vari aspetti della vita dei migranti e plasmano le dimensioni pratiche, affettive, economiche, sociali e politiche dei loro viaggi e delle loro vite transnazionali”

Marie Godin & Giorgia Donà (2020): Rethinking transit zones: migrant trajectories and transnational networks in Techno-Borderscapes, Journal of Ethnic and Migration Studies, DOI: 10.1080/1369183X.2020.1804193