Nella notte tra il 12 ed il 13 aprile le truppe antisommossa, composte da circa mille unità e diversi mezzi da cantiere, hanno circondato il presidio No Tav che si trova nei territori dell’ex autoporto di San Didero ormai in disuso da quarant’anni.

Il presidio è nato occupando i terreni destinati al nuovo autoporto, opera accessoria per il funzionamento della tratta di TAV Torino-Lione.

La struttura dovrebbe infatti sorgere su una delle poche piane in Val di Susa che ancora ospita una cospicua vegetazione. L’area è già fortemente inquinata per via delle emissioni delle acciaierie circostanti e dalla presenza di diossine che sono state depositate in quel luogo fino al decennio scorso. Il costo stimato per questo progetto è di 55 milioni di euro di cui 5 verranno spesi in « security » , una voce del bilancio dovuta proprio alla presenza di un gruppo politico ostile sul territorio : i No Tav. Per questo motivo, a partire dal 13 aprile, l’area e i paesini circostanti il cantiere hanno visto una crescente presenza di forze dell’ordine, dispositivi di controllo, blocchi stradali e blocchi dei mezzi di trasporto per motivi di ordine pubblico e prevenzione ad azioni di protesta.

Foto di Anna Manzon

Il paradigma della militarizzazione è una costante in Val di Susa, esso si sviluppa, sebbene con modalità e fini diversi, sia nei luoghi interessati dal progetto della Torino-Lione sia in frontiera.

In meno di un mese, questi 80 kilometri di Valle hanno visto due azioni mirate a smantellare snodi di lotta e rivendicazione politica: lo sgombero dell’ ex Casa Cantoniera di Oulx (avvenuto il 23 marzo) e quello del presidio all’ex Autoporto di San Didero.

Il controllo del territorio, più delle vicende storiche, diventa un fattore che unifica la Valle, inasprisce le frizioni e mette in luce i conflitti presenti in essa.

La Valle di Susa, ormai abitata da diverse istanze, ci pone davanti a un confronto che vede da un lato le politiche europee, partorite distanti dai luoghi a cui sono destinate, e il contrasto ad esse tramite le rivendicazioni locali.

La compresenza delle diverse lotte politiche in uno spazio tanto ristretto (quelle legate alla difesa della terra e quelle contro la frontiera e i suoi dispositivi violenti) conferisce all’area una caratteristica quasi singolare.

Il luogo ha una lunga storia di opposizioni. Per ultima, a partire dagli anni novanta, quella di rifiuto alla costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione e alle conseguenti devastazioni ecologiche. Il movimento No Tav nasce per portare avanti questa causa. Esso influenza la cultura politica valsusina, accorpa realtà di matrice politica diverse, con approcci differenti alla contestazione, e si schiera solidale in molte lotte sia nell’area che altrove (in altri luoghi in Italia e nel mondo colpiti da privatizzazione e militarizzazione).

Alcuni attivisti hanno preso parte all’azione solidale nei confronti delle persone di passaggio dirette in Francia sia attraverso l’impegno individuale che per mezzo di manifestazioni nei pressi della frontiera. Ciò è avvenuto in risonanza alla domanda di giustizia sociale, che ha sempre guidato il movimento, e forse anche basandosi su un approccio intersezionale alla rivendicazione politica. E’ infatti interessante la contraddizione che presentano i Giovani No Tav in uno dei loro comunicati  : « Contro un mondo in cui le merci viaggiano superveloci e le persone vengono bloccate e respinte perché non hanno i documenti giusti ». 

Alla luce di queste considerazioni, sembra importante seguire le vicende che coinvolgono il Movimento No Tav. Sebbene la Bassa Valle di Susa si distingua dall’Alta Valle per ragioni storiche, politiche e sociali ciò che avviene lungo questo corridoio di 80km riecheggia, proprio come succede sui pendii montani, in tutta l’area. Allo stesso modo l’adesione alla solidarietà sulla frontiera è organizzata e basata su connessioni in cui il Movimento No Tav è un nodo importante, sia dal punto di vista organizzativo che nell’espressione solidale.

L’osservazione di questo margine non può tralasciare come e quali attori (non solo individui ma anche gruppi portatori di istanze politiche) tessono reti e relazioni intorno alle questioni che attraversano la Valle di Susa.