Nella primavera del 1992 la Bosnia Erzegovina piomba in una guerra che si concluderà nell’inverno del 1995.
Le città bosniache – tra le quali Zavidovići che era centro dell’industria del legname – subirono violenza economica di guerra, traffici criminali, distruzione industriale e ambientale e, passati i primi anni post bellici segnati da un certo ottimismo verso la “transizione” che avrebbe dovuto portare consolidamento democratico e crescita economica, le persone hanno ripreso ad andarsene. Oggi la Bosnia Erzegovina si trova in una situazione di stallo economico e sociale, alcune aree sono fra le più inquinate d’Europa e ha i tassi di emigrazione tra i più alti al mondo. D’altra parte è il paese dove passa una parte importante dei migranti che attraversano la regione.
La condizione paradigmatica della Bosnia mette a fuoco fenomeni solo in apparenza tra loro distanti, ma in realtà intersecati in un quadro storico politico comune in cui conflitti, violenze, logiche di potenza, e resistenze si intrecciano e si rimandano nello spazio globale del mondo contemporaneo.
I ritratti di figure “resistenti” e i paesaggi “post-industriali” di Enrico Carpegna sono uno sguardo su tale condizione.