Categoria: TRENTANNI DI BOSNIA Page 1 of 2

Trent’anni di Bosnia. Fotografie di Enrico Carpegna

Nella primavera del 1992 la Bosnia Erzegovina piomba in una guerra che si concluderà nell’inverno del 1995.

Le città bosniache – tra le quali Zavidovići che era centro dell’industria del legname – subirono violenza economica di guerra, traffici criminali, distruzione industriale e ambientale e, passati i primi anni post bellici segnati da un certo ottimismo verso la “transizione” che avrebbe dovuto portare consolidamento democratico e crescita economica, le persone hanno ripreso ad andarsene. Oggi la Bosnia Erzegovina si trova in una situazione di stallo economico e sociale, alcune aree sono fra le più inquinate d’Europa e ha i tassi di emigrazione tra i più alti al mondo. D’altra parte è il paese dove passa una parte importante dei migranti che attraversano la regione.

La condizione paradigmatica della Bosnia mette a fuoco fenomeni solo in apparenza tra loro distanti, ma in realtà intersecati in un quadro storico politico comune in cui conflitti, violenze, logiche di potenza, e resistenze si intrecciano e si rimandano nello spazio globale del mondo contemporaneo.

I ritratti di figure “resistenti” e i paesaggi “post-industriali” di Enrico Carpegna sono uno sguardo su tale condizione.

Trent’anni di Bosnia. Sguardi e immagini

Video

Bellezza

Ci sono molti luoghi della Bosnia che in primavera sono verdi, rigogliosi, di smeraldo uniforme e abbagliante.

Sembra un sacrificio alla bellezza distogliere lo sguardo, a volte ancora assonnati, da quel video in muto che regala la strada.

In queste terre di cui spesso si conosce solo il tragico passato, l’attenzione si posa sul coltivare un sentimento, una protezione, un’attitudine per poter sostenere e imparare ciò che è stato. Ma la natura, se la si guarda e la si ascolta, ha il potere di spostare quel focus, e metterci difronte a qualcosa che in tutti quei pensieri non è previsto: la bellezza. 

Persi in questi sfondi quasi lisergici, a libro di storia chiuso, succede di pensare a quanto le narrazioni che portano qui abbiano uno strano modo di soffocare la bellezza di certi luoghi. Restare fedeli solo ad esse è come apporre una postilla “bello ma…non siamo qui per questo”.

Uno sguardo che tende al complesso ed al contemporaneo ha urgentemente bisogno di restituire momenti di genuina bellezza alle cose. Per osservare meglio e stigmatizzare meno.

I poeti e i veleni

Lukavac è una cittadina della BosniaErzegovina nord orientale, nel Cantone di Tuzla, al centro di una vasta area industriale dove operano diverse aziende nazionali e multinazionali. La Sisecam Soda, turca, che produce carbonato di sodio, la FCL Lukavac, impegnata nella produzione di cemento e calce, la Gikil che produce coke, benzene, catrame, solfato d’ammonio e altre sostanze.

Associazionismi e reti delle donne nella BosniaErzegovina contemporanea

Quali sono le conseguenze degli enormi investimenti del dopoguerra che determinarono la nascita di tante ong? Quale impatto hanno avuto sulla società bosniaca? Già all’indomani degli accordi di Dayton si sviluppò un ampio dibattito sugli effetti distorsivi e di sostituzione ai servizi pubblici (Duffield, 1996,2001) da parte dei “progetti” internazionali, e col tempo a questi elementi che hanno strutturato la società bosniaca del dopoguerra altri se ne sono aggiunti. 

Voci del verbo andare

Il titolo italiano del romanzo di Jenny Erpenbeck ci pare appropriato per descrivere le moltissime voci di migrazione che è facile ascoltare nelle strade di Bosnia, oggi.

Zavidovići città in movimento?

Report di: Sladjan Ilić, Maria Perino, Simona Sordo

Uno sguardo sui movimenti migratori e di spopolamento nella Bosnia contemporanea, a partire da una ricerca locale.

Appunti di viaggio – agosto 2021

TANTA GENTE A BIHAĆ ?

La città si adagia sul fiume Una, che quest’estate patisce, come tutti i fiumi della Bosnia, una grave siccità, e comprende al suo interno tante aree verdi che sono ristoro al caldo torrido e luogo di chiacchiera e di passeggiata. Nel parco in centro si incontrano infatti, specialmente alla sera, giovani coppie con figli piccoli, famiglie, anziani a passeggio, turisti provenienti dai paesi arabi, “internazionali”. Le donne sono velate, o completamente velate, o senza velo. La varietà e quantità delle persone che popolano le vie del centro e affollano i numerosissimi locali dipendono anche dal periodo. In agosto infatti la “diaspora” bosniaca rientra nel paese e il “turismo umanitario” insieme con le “vacanze solidali” sono ripresi dopo i mesi della pandemia. Tra le tante persone ci sono anche i single men in cammino o in cerchio sui prati. A Bihać infatti circolano giovani migranti che non accettano la segregazione nel campo di Lipa a gestione governativa – in costruzione a 20 km circa dalla città, su un altipiano completamente isolato – e che vivono negli edifici abbandonati e periodicamente sgombrati, nelle jungle nei boschi e nei prati limitrofi alla città, in condizioni degradanti.

Rovine

La Dom penzionera di Bihać era una casa di riposo pianificata nella Jugoslavia degli anni ’70 e mai terminata.

“La posizione dell’edificio, scelta con cura nel centro della città e sulla riva del fiume Una, noto per la sua eccezionale bellezza, le correnti color smeraldo e la capacità di “calmare i nervi”, era stata considerata particolarmente appropriata per la vecchiaia dei lavoratori socialisti. […] D’altra parte, la vicinanza al centro della città dove si svolgeva la vita urbana garantiva che gli anziani lavoratori socialisti non sarebbero stati isolati e soli, ma che potevano ancora partecipare alla vita della città, incluso uscire per un caffè, fermarsi per chiacchiere e scambiare notizie con altri cittadini”.

Un altro “game”

L’accampamento di Lipa, in un altopiano nella Bosnia Nord Occidentale a circa 40 Km da Bihać dove si trovava un migliaio di migranti, è stato distrutto da un incendio ed è al centro di un rimbalzo vergognoso di responsabilità. L’elenco sintetico degli eventi è lo snodarsi di una drammatica sequenza in cui tutte le istituzioni – europee, internazionali, statali, locali – sono perdenti. Ancora una volta ci interroga sulle politiche migratorie, sulle esternalizzazioni dei controlli e del contenimento dei migranti, sugli interventi umanitari, sull’uso da parte dell’Unione Europea dei Balcani come discarica dei migranti.

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