Categoria: MIGRANTI E FRONTIERA NORD OVEST Page 1 of 3

Cronaca di un’altra morte annunciata. La frontiera continua ad uccidere.

È una guerra contro ragazzi che hanno la colpa di cercare una terra in cui abitare e di aspirare a una vita dignitosa.

Nella notte tra il 27 e 28 0ttobre 2023 un gruppo di 4 persone in cammino è stato intercettato dalla polizia, dopo che erano partiti nella notte da Claviere in direzione di Briançon. Dopo un primo tentativo di fuga, 2 sono stati fermati e gli altri 2 si sono ritrovati soli e privi di orientamento nella montagna, senza i telefoni. Dopo essersi nascosti hanno vagato per la montagna ritrovando la direzione solamente verso l’una del mattino del 29 ottobre 2023, costeggiando una falaise ormai prossima a Briançon. Youssef non ce l’ha fatta ed è precipitato per decine di metri e il suo corpo è stato ritrovato vicino al ponte Asfeld all’entrata della città. Il suo amico è rimasto tutta la notte aggrappato alla roccia, fino all’intervento del soccorso che lo ha riscattato verso le 11 del mattino.

Il 14 ottobre un’altra persona in fuga era morta di frontiera, di cui però alla data attuale non conosciamo l’identità. Si è invisibili nella vita e poi anche nella morte. Il 7 di agosto altra vittima e in maggio 9 persone in cammino, salvate dal soccorso in quota, denunciano la presenza di un cadavere di cui descrivono nei particolari l’abito. Poi nessun riscontro se non la cortina di silenzio che accompagna queste morti

Lo ripetiamo con rabbia e dolore: non è la montagna che uccide ma il sistema di frontiera; i morti nel Mediterraneo, a Cutro, a Pylos, nel Maghreb, in Libia e Tunisia, a Ventimiglia e sulle Alpi sono il risultato di una stessa pianificata politica dell’orrore.

La militarizzazione della frontiera, la sospensione di Schengen, la caccia all’uomo di giorno e di notte da parte della Polizia di Frontiera, della Gendarmerie e dei militari di sentinella non fermano i flussi, ma producono morte. Le persone sono sempre più costrette a scegliere vie impervie e in quota mettendo a rischio la propria vita, oggi e ancor di più nei prossimi mesi con la neve e le temperature rigide.

Denunciamo le responsabilità di questo disumano sistema sicuritario di frontiera, che semina morte in ogni dove.

Denunciamo il trattamento sempre più violento della polizia in frontiera.

Chiediamo che cessino le prassi illegali che non permettono alle persone di chiedere asilo e che cessino i respingimenti collettivi.

Chiediamo che vengano rispettati i diritti e l’incolumità di uomini, donne e bambini.

Ascoltare per capire, capire per “stare con e tra” le persone in cammino. La frontiera alpina del Nordovest italiano: luglio 2022-luglio 2023

Indice
1 Quadri di una umanità in cocci alla frontiera alpina del Nord-Ovest italiano
2 Rotte fluide e cambiamenti di scenari
3 Breve intermezzo: non esistono i migranti esiste il migrare
4 Ancora abitare il cammino
5 Donne e minori: dalle diagnosi alle operatività
6 Militarizzazione del confine e dispositivi securitari
7 Vulnerabilità medico-sanitarie e problematiche legali
8 Temporalità, biografie e presenza
9 Ascoltare per capire, capire per operare

Un altro ragazzo muore in frontiera. E’ un miracolo che il lutto non si affacci ogni giorno.

Dal 2015 al 2023, 96 persone migranti hanno perso la vita sulle Alpi, di cui 50 alle frontiere italo-francesi (Hautes Alpes e Liguri) e, dal 2018, 10 sulle nostre montagne al confine dell’Alta Valle di Susa. Di nuovo, lunedì 7 agosto 2023 un altro ragazzo della Guinea di una ventina di anni è stato trovato morto a seguito del tentativo di attraversare la frontiera tra Claviere e Briançon, ormai poco lontano dall’arrivo.

Chiamata alla montagna in difesa dei diritti

Appello Colle del Lys 2 luglio 2023

Si torna a morire alla frontiera alpina nord occidentale.

Nove migranti, tutti magrebini e subsahariani, il 31 maggio sono stati soccorsi in alta quota al confine tra l’Italia e la Francia, e uno di questi ha dichiarato di essere caduto inciampando e di essersi trovato vicino a un cadavere di cui ha saputo descrivere l’abbigliamento.

Sono passati sei giorni e non vi è notizia ufficiale del ritrovamento del cadavere. Un silenzio inquietante che ricorda altri silenzi che condannano all’invisibilità le persone in cammino, non solo in vita ma anche dopo la morte.

Non è la montagna che uccide ma il sistema di frontiera; i morti nel Mediterraneo, a Cutro, a Ventimiglia e sulle Alpi sono il risultato di una stessa pianificata politica dell’orrore.

Non siamo di fronte ad un fatto tragico ed eccezionale, ma ad una concreta eventualità che si ripropone ogni giorno ad ogni ‘game’.

Solo l’intervento plurale e quotidiano di solidali lungo le rotte, in mare, in montagna, ai confini permette di limitare le vittime.

Nel 2023 è repentinamente cambiata la composizione dei flussi, composti non più in prevalenza da persone provenienti dalla rotta balcanica ma dal Mediterraneo centrale e da aree subsahariane. I  numeri dei passaggi sono in crescita, così come le vulnerabilità.

Vediamo passare donne, famiglie, bambini, persone che hanno attraversato il deserto, subito tortura, violenza sessuale in Libia e in Tunisia. Si tratta molto spesso di persone che non conoscono la montagna: sono gruppi dalle eterogenee provenienze e differenti radici storico-culturali. Ad accomunarli è il desiderio di partire, lasciare il più presto possibile l’inferno dietro di sé o cercare altro per la propria famiglia e per sé.

Al contempo la militarizzazione è ostentata lungo tutto l’arco alpino transfrontaliero. I respingimenti sono aumentati in modo significativo, sigillando la frontiera ai più deboli e vulnerati. Anche i nuovi decreti si inscrivono in questo quadro di clandestinità forzata, precarizzazione delle esistenze e di costante messa a rischio della vita. Per le persone in cammino rivolgersi a smugglers o scommettere sui cammini più pericolosi, senza neanche quell’esperienza che si maturava lungo la rotta balcanica, diviene una scelta forzata. “Terribile è che le cose siano come sono” e spesso constatiamo che nonostante gli sforzi non ce la facciamo a resistere a una disumanità sistemica.

Solo l’osservazione di quanto accade, l’analisi degli eventi e il mutuo aiuto tra presidi solidali a livello nazionale può contrastare questa necropolitica, demagogica quanto tragica.

La frontiera alpina del nord ovest

Ritornare al soggetto vuol dire cambiare prospettiva e, per essere più chiari, vuol dire capovolgerla e prendere in considerazione le persone, le loro vite, i loro desideri e le loro sofferenze, ovvero quel modo in cui ci si costruisce come persone. Una geografia delle emozioni e delle relazioni, risultato di un dialogo tra soggetti, è pertanto una scrittura su come un popolo in viaggio abita il cammino attraversando molteplici terre, e su come cammino e geografie antropiche rimodellino le persone. Per poter seguire queste indicazioni di rotta epistemologica abbiamo concentrato l’attenzione sull’ascolto, il dialogo e la raccolta di memorie.

Oulx. Crocevia di rotte e cammini

UNO SGUARDO SULLA FRONTIERA ALPINA DEL NORDOVEST

a cura di: Piero Gorza, Rita Moschella

Il testo è una radiografia documentata della frontiera alpina del Nord Ovest Italiano, risultato di un impegno costante pluri-annuale a Oulx tra e insieme alle persone in cammino.
Ripropone letture che pongono l’accento su alcuni elementi:

  • la necessità prospettica di una lettura longitudinale e comparata delle frontiere
  • l’attenzione verso il soggetto in cammino
  • la funzione antropopoietica del viaggio.

Abitare il cammino: Un’analisi longitudinale delle configurazioni familiari tra le persone in transito lungo il confine italo-francese

Testo di: Piero Gorza, Nicola Montagna, Rita Moschella, Maria Perino

In questo working paper intendiamo soffermarci sulle relazioni intergenerazionali e di genere plasmate dal viaggio e dalle pratiche di bordering, su come si producono e si trasformano le varie configurazioni sociali, secondo una prospettiva longitudinale che ha seguito il cammino delle persone migranti.

I confini e le pratiche di bordering hanno un impatto antropopoietico nell’incontro e nelle temporalità dei percorsi, che sono tutt’altro che lineari e possono variare, mediamente, dai due ai sei anni. Durante questo periodo di mobilità forzata e sradicamento protratto (protracted displacement), fatto di improvvise accelerazioni e lunghe soste, le persone migranti camminano, fanno figli, crescono, si trasformano.

Vogliamo evidenziare come in questi processi trasformativi che accompagnano il cammino anche le configurazioni delle reti parentali e quelle amicali subiscano profondi cambiamenti e vengano costruite domesticità originali, sia come strategie per sfuggire ai controlli dei confini e quindi proseguire il viaggio, sia come sostegno reciproco.

Rapporto dalla frontiera alpina nord occidentale

Report redatto dal team di Medici per i Diritti Umani (MEDU): Piero Gorza, Rita Moschella e Beatrice Pasquale

Il 2021 è stato in Alta Val di Susa, al confine alpino con la Francia, un anno caotico, complesso, sempre giocato sul filo dell’emergenza. I flussi migratori sono testimoni di una pressione crescente sulla frontiera: 15.000 passaggi in accoglienza presso il rifugio “Fraternità Massi”, 10.000 persone che hanno tentato di varcare il confine, tra cui 400 famiglie e 800 minori, la metà non accompagnati. Dopo un temporaneo rallentamento nel 2020, il trend è tornato in costante crescita e nell’ottobre 2021 ha toccato il proprio apice con 1600 presenze in un solo mese, la stragrande maggioranza provenienti dalla rotta balcanica. Non solo afghani, iraniani, curdi delle diverse entità, ma anche magrebini e sub sahariani. Per tutti, l’arrivo sulle Alpi è stato preceduto da un viaggio di anni fatto di campi istituzionali e informali, soste obbligate, tentativi plurimi di varcare i confini. Questo procedere per salti, alternando pause forzate a trasferimenti sempre incerti e rischiosi, è fonte di ansie, di vessazioni, inumanità patite in ogni dove e di un dilatarsi dell’investimento economico. Le violazioni dei diritti umani fondamentali costituiscono una costante di questa Odissea, sono cicatrici scritte sui corpi e nella mente.

The death of Blessing Matthews. A counter-investigation on violence at the alpine frontier

Border Forensics è un’organizzazione che utilizza metodi innovativi di analisi spaziale e visiva. Indaga la violenza dei confini lavorando in collaborazione con le persone migranti, attivisti e operatori, “per promuovere e difendere dignità e diritti dei migranti e favorire la mobility justice”.

L’inchiesta sulla morte nel 2018 di Blessing, giovane donna nigeriana, si colloca in un’ampia ricostruzione dei decessi avvenuti dal 2015 nelle zone Alpine al confine tra Francia e Italia.

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