di Nicola Montagna e Maria Perino

Dopo un maggio di relativa calma, in giugno gli arrivi lungo la rotta del Mediterraneo centrale hanno ripreso a crescere, passando da 8000, il 17% in meno rispetto a maggio 2022, a circa 12.000, quasi il doppio rispetto al giugno 2022, a conferma della tendenza in forte crescita che si era potuto osservare nei primi quattro mesi dell’anno. Complessivamente, quindi, nei primi sei mesi del 2023, sono sbarcate in Italia oltre 60.000 persone, ossia il 133% in più rispetto all’anno precedente quando nello stesso periodo ne erano arrivate circa 26.000. La maggior parte delle persone che arrivano, è noto, viene fatta sbarcare a Lampedusa, da dove vengono trasportate via nave in altre parti d’Italia nel giro di poche ore o giorni. Solo una esigua minoranza, per lo più legata ai salvataggi compiuti dalle ONG, raggiunge altri porti, tra cui Salerno, Livorno, Ravenna. Lampedusa è quindi tornata ad essere al centro dei flussi migratori verso l’Europa.

Eppure, anche stando sull’isola, non sembrerebbe[1].


[1] Queste brevi note sono state raccolte nella terza settimana di giugno 2023 a Lampedusa tra attivisti/e delle ONG coinvolte nelle operazioni di soccorso e di prima accoglienza.

In passato, si era scritto della trasformazione di Lampedusa in confine d’Europa. Secondo Cuttitta (2012) il processo di ‘frontierizzazione’ di Lampedusa è cominciato verso la fine degli anni novanta grazie all’imposizione del visto a cittadini di paesi stranieri e all’introduzione delle sanzioni per le compagnie aeree che trasportano persone senza i necessari documenti per entrare nel paese d’arrivo: ‘Senza l’adozione di tali misure…le migrazioni irregolari via mare sarebbero di fatto inesistenti. Lampedusa, quindi sarebbe ancora…nient’altro che l’isola più meridionale d’Italia, dedita alla pesca e al turismo e solo per queste due attività conosciuta’ (2012: 75). Anche se gli arrivi via mare sono sempre stati una minoranza rispetto ad altre modalità, gli attori politici e mediatici hanno scelto Lampedusa come palcoscenico per la rappresentazione del confine. Per cui, oltre a subire un processo di ‘frontierizzazione’, l’isola è stata attraversata da un processo di spettacolarizzazione. Dines, Montagna e Ruggiero (2015) hanno messo in rilievo come la spettacolarizzazione del confine sia avvenuta anche attraverso l’esibizione della persona migrante come ‘nuda vita’. Se osserviamo quanto avviene a Lampedusa in queste settimane, vediamo l’esatto opposto, ossia una sorta di de-spettacolarizzazione del confine.  L’isola è ben presente nelle rotte marittime delle persone migranti e della marina militare e continua a essere il confine sud d’Europa, la ‘Porta d’Europa’ per citare l’opera posta sulla scogliera all’ingresso del porto vecchio. Tuttavia, la sua rappresentazione come confine è cessata. Chi oggi va sull’isola può non rendersi conto di essere nel principale crocevia dei flussi irregolari via mare verso l’Europa, se non fosse per la presenza ingente ma non esibita di forze dell’ordine, per cui c’è chi all’interno a Lampedusa parla di militarizzazione del territorio.

Questo processo di invisibilizzazione del confine prevede che la gestione degli arrivi delle persone migranti avvenga a distanza e che i tempi di salvataggio e prima accoglienza siano abbattuti. Viene quindi messa in moto una sorta di ‘catena di montaggio’ delle operazioni che dal salvataggio in mare alla ricollocazione nel sistema d’accoglienza a terra è tesa a ridurre i tempi necessari di permanenza sull’isola. Questa invisibilizzazione è anche un ripristino dei confini, nonostante gli arrivi siano più che raddoppiati rispetto all’anno scorso. Per cui, le ONG che operano in mare sono state allontanate, gli arrivi indipendenti, che fino a due anni fa erano frequenti, sono praticamente scomparsi, mentre la stragrande maggioranza delle persone arrivano sull’isola a bordo delle motovedette e delle navi della guardia costiera e della guardia di finanza, dopo essere state segnalate dagli aerei delle organizzazioni non governative, da Alarm Phone oppure da quelli della polizia europea di frontiera Frontex.

Anche le fasi successive avvengono lontano dall’attenzione dell’opinione pubblica e in tempi molto rapidi. Il molo, una lingua di cemento armato dove ormeggiano le navi della Guardia di Finanza o della Guardia Costiera e dove le persone vengono sbarcate, è chiuso al pubblico. Possono entrare solo gli/le operatori/rici delle ONG in possesso di un permesso speciale con il compito di fornire una prima accoglienza: un abbraccio, un sorriso, del tè caldo. Il punto migliore di osservazione delle operazioni è la terrazza di Lampedusa, in fondo a via Roma. Ma è lontana alcune centinaia di metri e quando gli sbarchi avvengono di sera è possibile veder solo delle figure indistinte. Si capisce che sta succedendo qualcosa solo perché si ha notizia di uno sbarco o arrivo imminente. Altrimenti, tutto potrebbe accadere senza che il resto dell’isola se ne accorga, soprattutto dopo che è stata vietata ai giornalisti la postazione per le riprese.

Le persone migranti vengono poi portate all’hotspot in pullman dove rimangono per uno o due giorni per una veloce prima identificazione. L’hotspot, raggiungibile da una strada sola, è in una piccola valle le cui pareti sono a ridosso della rete di cinta. È sormontato da alcune torrette, da cui i militari controllano i movimenti interni ed esterni e che non vengano fatte fotografie. Del resto, è in una zona isolata dove non c’è altro. Chi si avvicina lo fa per andare a lavorare, fare consegne di cibo, o cercare di documentare cosa accade al suo interno. Fino a due anni fa, nella rete che circonda l’hotspot, c’era un buco da cui le persone potevano uscire e poi rientrare. Questa apertura informale non metteva in discussione la logica della detenzione, ma garantiva una certa mobilità sull’isola, soprattutto in periodi in cui la permanenza poteva durare diversi giorni o settimane. Le autorità sapevano, ma lasciare questo via d’uscita poteva essere un modo per alleggerire la tensione (Giliberti and Queirolo Palmas, 2022). Dall’agosto del 2021 anche questo canale di comunicazione con l’esterno[2] è stato chiuso, invisibilizzando ulteriormente la presenza delle persone migranti sull’isola. L’hotspot ha continuato ad essere ciò per cui era stato concepito dall’agenda europea del 2015, un luogo di confinamento dove operare una prima identificazione e filtraggio delle persone che arrivano (Tazzioli, 2016) e interrompere la mobilità migratoria delle persone (Tazzioli and Garelli, 2020). Come sottolineato da Asgi nel rapporto realizzato nell’ agosto 2022, le prassi attuate nel centro, come quelle attuate nei passaggi prima e dopo l’arrivo al centro stesso, manifestano evidenti criticità in quanto non sono conformi ai principi costituzionali e normativi in tema di richiesta asilo, ma prima ancora di trattenimento e di libertà personale e di movimento [3].

La permanenza nell’hotspot, come detto, dura pochi giorni, soprattutto in questo periodo di arrivi continui, per poi essere trasportate via nave in Sicilia. Anche il trasferimento dall’hotspot alla banchina dove è ormeggiata la nave di linea avviene nella totale, per quanto possibile, discrezione. I flussi migratori non devono interrompere i flussi dell’industria del turismo, il ‘petrolio d’Italia’ come è stata definita. E non devono nemmeno mettere in discussione l’idea, costruita in questi anni dai governi italiani e dall’UE, che l’Europa è tornata in qualche modo in possesso del controllo dei propri confini. Lampedusa, in quanto confine, non è più spettacolo. Il corpo del migrante non viene più esibito, o almeno non viene esibito lì. È piuttosto il suo contrario, un luogo dove i flussi sono diventati una routine che avvengono in una realtà parallela – gli operatori e le operatrici presenti sull’isola parlano spesso di “bolla” a proposito di questi eventi – e non mobilitano più le coscienze e le passioni se non di quelle persone ancora oggi determinate a salvare vite in mare, nonostante la marea contraria.

Riferimenti bibliografici

Cuttitta, P. 2012. Lo spettacolo del confine. Lampedusa tra produzione e messa in scena della frontiera. Milano: Mimesis.

Dines N., N. Montagna, and V. Ruggiero. 2015. ‘Thinking Lampedusa: border construction, the spectacle of bare life and the productivity of migrants’. Ethnic and Racial Studies, Vol. 38 (3): pp.430-445.

Giliberti, L. and Queirolo Palmas, L. 2022. ‘The hole, the corridor and the landings: reframing Lampedusa through the COVID-19 emergency’. Ethnic and Racial Studies, 45(9): 1760-1781.

Tazzioli M., 2016. ‘Identify, Label, and Divide: The Temporality of Control and Temporal Borders in the Hotspots.’ Society and Space 30: 445-464.

Tazzioli M., Garelli G,. 2020. “Containment beyond detention: The hotspot system and disrupted migration movements across Europe.” Environment and Planning D: Society and Space 38(6): 1009-1027.


[2] L’accesso al wi-fi è possibile da inizio giugno con la nuova gestione della Croce Rossa.

[3] Il 30 giugno 2023 è diventata definitiva la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) all’ Italia per trattamenti inumani e degradanti nell’hotspot di Lampedusa. “Si tratta di una decisione particolarmente importante i cui principi si configurano di stretta attualità dal momento che il trattenimento di fatto all’interno dell’hotspot di Lampedusa continua ad attuato in modo continuo ed indiscriminato e le condizioni di trattenimento all’interno dello stesso continuano a delinearsi in violazione di quanto stabilito all’art.3 CEDU” (https://inlimine.asgi.it/categoria/pubblicazioni/).